Famiglia delle Malvacee
Nome scientifico: Tilia cordata Mill.
I Tigli (genere Tilia) sono diffusi, con circa 50 specie, nelle zone temperate dell’Emisfero Boreale. Numerosi reperti pollinici sono stati ritrovati in terreni dell’Era Quaternaria, ma resti fossili risalgono anche all’Eocene. Il genere, un tempo ascritto alla famiglia Tiliaceae, è stato di recente trasferito, per motivi filogenetici, nella famiglia Malvaceae.
Sono piante arboree decidue, imponenti, molto longeve, come testimoniato dai numerosi esemplari che superano diverse centinaia di anni di vita. Le foglie sono semplici, a margine crenato-dentato. I fiori, bisessuali, sono riuniti in infiorescenze cimose i cui peduncoli portano lateralmente una caratteristica brattea allungata e appiattita che serve a facilitare la disseminazione a opera del vento. Il nome di questo genere deriva proprio dal greco ptilon che significa “ala”.
Specie mesofile, tollerano escursioni termiche ampie e sono piuttosto esigenti dal punto di vista edafico; prediligono suoli freschi, profondi e fertili, ricchi di basi, spesso calcarei, ma anche di diversa origine, purché non argilloso-compatti o molto sabbiosi.
Tilia cordata: foglie con picciuolo glabro e pagina inferiore con ciuffi di peli rossastri alla biforcazione delle nervature; nucula subglobosa di 5-6 mm, con pericarpo tenue-fragile, coperto da un feltro di peli brevi e con 5 coste appena accennate;
In Italia, tra i Tigli più vecchi e monumentali ne ricordiamo due: il Tiglio di Macugnaga, un piccolo centro a 1300 m di altitudine in provincia di Verbano-Cusio-Ossola, con una circonferenza di oltre 7 metri, e il Tiglio di Summonte, piccolo Comune in provincia di Avellino con una circonferenza di 8 metri.
Non è frequente incontrare esemplari di Tigli nei boschi, anche perché vivono soprattutto in foreste molto peculiari, belle ma poco diffuse, nelle quali si associano ai Frassini, agli Aceri, agli Olmi e ai Faggi. Si tratta di boschi montani localizzati nelle forre e alla base delle valli, dove vi è accumulo di materiale detritico proveniente dal disfacimento dei versanti frammisto a sostanza organica, e dove ristagna l’umidità e il suolo è ricco di humus. Spesso questi boschi occupano stazioni inaccessibili e, di conseguenza, sono poco frequentati dall’uomo; in essi regna un’atmosfera di foresta primordiale.
Tipo di pianta | Albero |
Ciclo vitale | Perenne |
Altezza | Da 15m a 40m |
Fioritura | Primavera inoltrata/estate |
Leggende:
La pianta del Tiglio è da sempre considerata l’emblema della femminilità. Quasi certamente perchè i Greci, sin dalle origini, associavano la pianta al culto della dea Afrodite. E per questo motivo il Tiglio non può essere altro, se non la pianta della femminilità, strettamente legata a quella sinuosità divina, a quella bellezza colma d’amore e di desiderio, che è Afrodite.
Nata dalla spuma del mare, dea dell’amore, di quel sentimento, o meglio, di quella forza motrice che genera tutte le cose e che è alla base del ciclo dell’universo. Lei, dea dell’amore, del desiderio, della creazione e della fecondità, non appena posò piede sul suolo terrestre, lei così divina e così alta, fece sbocciare la vita. Sotto i suoi piedi la terra nacque e iniziò il suo ciclo di riproduzione e di creazione. La spiaggia che costeggiava il mare si fece erba e ad ogni passo di Afrodite sbocciava un fiore, ad ogni suo respiro cresceva una pianta, ad ogni movimento della divinità bella e feconda, la terra nasceva ancora e ancora.
La prima comparsa dell’albero di Tiglio, per la mitologia greca, si rifà alla storia di una bellissima ninfa di nome Filira, figlia di Oceano e del suo amore segreto con Chiarone. Filira, fra le sue molte sorelle era la seconda più anziana, subito dopo Stige, il fiume che lambisce l’Ade temutissimo persino dagli Dei.
Filira fu amante (a sua insaputa) di Crono, il primo dei Titani, ma Crono aveva una moglie di nome Rea, la quale, un giorno, li sorprese assieme, durante un amplesso.
Crono vedendosi scoperto, balzò dal giaciglio tramutandosi in uno stallone impazzito e fuggì via. In quella baraonda, nessuno dei due amanti sapeva, che Crono, in quell’occasione aveva lasciato un dono molto importante all’amata ninfa.
Filira ferita, tradita a sua volta e rimasta sola, scappò, decidendo di andarsene per sempre. Decise di dimorare sul monte Pelio, in Tessaglia, terra di streghe e magia.
Qui, visse in una grotta che prese il suo nome, e proprio in quella grotta diede alla luce Chirone il Centauro, il primo ed il più saggio, metà uomo e metà cavallo a causa delle metamorfosi del padre. Secondo Igino la madre, presa dalla vergogna per un figlio tanto “mostruoso” invocò gli Dei, e chiese loro di essere tramutata in qualcos’altro. Così fu: divenne il primo albero di Tiglio.
Troviamo un ulteriore mito nelle Metamorfosi di Ovidio (VIII, 620-724): racconta di Filemone e Bauci, due anziani sposi che vivevano tanto tempo fa nelle terre di Frigia in una piccola capanna. Un giorno gli Dei si presentarono alla loro umile abitazione chiedendo ospitalità, tutti i vicini molto più ricchi ed agiati, avevano rifiutato di dare loro un giaciglio per qualche notte. I due vecchi, al contrario, accolsero i misteriosi stranieri con gentilezza e con ogni riguardo.
Gli Dei, decisero di punire coloro che avevano rifiutato loro ospitalità allagando la piana, ma salvarono Filemone e Bauci dicendo loro che avrebbero potuto chiedere ciò che volevano. Il loro unico desiderio fu di poter divenire loro sacerdoti e di morire insieme, poiché s’amavano molto e non potevano pensare di sopravvivere l’uno senza l’altro. Gli Dei acconsentirono e la loro dimora divenne un tempio fino a quando non giunse per loro, il tempo della morte. Fu proprio in quel momento che i due si mutarono in alberi, Filemone in Quercia e Bauci in Tiglio, e sui loro rami vennero appese corone per gli Dei.